Le sfide che attendono le PMI famigliari – prima parte
Il rischio pandemico ha sicuramente fatto emergere alcune incertezze che caratterizzano il sistema imprenditoriale italiano, specie nelle PMI famigliari.
Debolezze che erano già presenti e che la pandemia ha solo accentuato o esaltato.
Tuttavia, gli imprenditori, i manager ed i collaboratori, cioè le persone che rendono eccezionale il nostro sistema imprenditoriale, hanno dimostrato grande capacità di adattamento e di reazione.
Oggi ci troviamo di fronte ad un rischio sistemico, perché l’epidemia ha interessato tutti i settori, sia quelli economici sia quelli culturali o di svago, sia a livello pubblico che a livello privato. In questo il COVID è stato molto democratico e non ha fatto differenze.
Da qui un’immediata considerazione: l’arma vincente delle imprese che hanno ceduto meno alla crisi, non è stata la capacità di prevederla, ma è stata la capacità di reagire ad un imprevisto, di adattarsi al nuovo, cambiando strategia ed assumendo le decisioni in tempi ragionevolmente rapidi.
Il mantra è stato adattarsi e dovrà esserlo sempre di più, Covid o no.
L’adattamento non si impara dall’oggi al domani, per praticarlo con disinvoltura bisogna allenare le persone ad avere una mentalità duttile e prepararli ad essere flessibili e reattivi. Adattivi. Come? Riconfigurando i processi produttivi e le modalità operative adattandolo al nuovo contesto.
È quindi nei momenti di apparente calma che dobbiamo allenarci per essere pronti al cambiamento, aspettarci anche l’inatteso. È un mind-set.
Se la crisi è cambiamento, allora il successo dipende da come lo si affronta, dalle scelte che faremo, perché solo così si potrà tramutare il rischio di una minaccia in un’opportunità. Vediamo alcune sfide che già oggi dovrebbero essere risolte in azienda.
La protezione dei figli: egualitarismo o meritocrazia?
Un nodo che da tempo immemore deve essere risolto nelle PMI famigliari riguarda l’incrocio tra la sfera famigliare, cioè la dimensione in cui le scelte sono influenzate dalla protezione dei figli, e quella aziendale, in cui il loro ingresso prima e la loro scalata dopo dovrebbe avvenire in funzione del merito e dei risultati. Sono scelte difficili per un genitore, che si deve “sdoppiare” e assumere decisioni con diversi cappelli (quello del genitore e quello del manager), ma vanno fatte, perché inserire in azienda persone non all’altezza genera dei rischi. E questi rischi generano degli effetti a cascata.
Corporate governance: le regole del gioco
E siamo alle regole del gioco, alle scelte che debbono essere fatte in merito all’organizzazione. L’imprenditore deve avere il coraggio di allargare e delegare le responsabilità a persone terze dotate di sapere innovativo, di cui controllare l’operato costantemente per evitare comportamenti opportunistici.
Le regole di Corporate Governance, cioè le regole che disciplinano la gestione ed amministrazione delle società hanno al proprio interno dei modelli organizzativi adatti a gestire il rischio, ma queste regole implicano che gli organi societari funzionino davvero.
Un esempio concreto? Se un famigliare è socio e amministratore, in assemblea dovrà portare avanti delle prerogative, ma dovrà essere in grado di mettersi il cappello da “manager” quando le valuta sotto questa veste.
E se non è in grado dovrebbe avere la forza di lasciare ad altri il compito di guidare l’azienda, o quantomeno di farsi consigliare ed ascoltare.
La famiglia presente nel Consiglio di Amministrazione dovrebbe occuparsi di più della strategia, cioè delle “grandi” decisioni che riguardano “cosa fare”, lasciando ad altri (famigliari o no), il dovere di presentare il “Come” perseguire quelle decisioni.
La famiglia coinvolta nella conduzione aziendale dovrebbe dedicare del tempo all’ozio, rinunciando ad un po’ di operatività, per pensare serenamente a cosa fare nel prossimo futuro. Dove saremo tra tre anni se continua così? Quali sono le idee nel cassetto e che sono rimandate o solo abbozzate? Idee di cui non si testa la validità, la reale capacità di far crescere l’azienda e rimangono quelle cose “che non si ha mai il tempo di fare”.
Il punto di forza di un’impresa oggi non è tanto capire come si evolverà il mercato nei prossimi tre anni, ma di essere pronta a modificare velocemente il proprio assetto, il proprio modello di business per reagire in modo veloce. E innovare.
Le PMI resilienti sono quelle che svilupperanno capacità di intercettare segnali deboli di cambiamento, o anticipatori di shock e sapranno rispondere in modo reattivo e adattivo, riconfigurandosi. Ma per farlo, debbono avere:
- il tempo per riflettere;
- e un’organizzazione all’altezza del momento.
Essere immersi nella “produzione” non è la via per crescere. La gestione ed il controllo della produzione va delegato.
Non si può relegare la costruzione della “strategia” al sabato mattina, perché questo esercizio deve essere fatto costantemente. Provate a farvi queste domande: “da quanto tempo produco allo stesso modo? Vendo allo stesso modo? Mi metto in contatto con i clienti allo stesso modo? Dove ho apportato innovazione negli ultimi anni? Ho semplicemente acquistato macchinari 4.0, che utilizzo come prima, oppure ho interconnesso l’intera filiera produttiva, accordandomi con clienti e fornitori strategici?”
Se l’atteggiamento aziendale è “passivo” e routinario può darsi che la crisi abbia più probabilità di essere distruttiva.
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